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Il volto di Gesù

Continuava a farsi vedere questa mattina, quando appena, minacciando sempre castighi e, mentre io facevo per pregarlo che Si placasse, come un lampo mi sfuggiva davanti. L’ultima volta che è venuto, Si faceva vedere crocifisso; mi son messa vicino a baciare le sue santissime piaghe, facendo varie adorazioni, ma mentre ciò facevo, invece di Gesù Cristo ho visto la mia stessa immagine. Sono rimasta sorpresa ed ho detto: “Signore, che sto facendo? A me stessa sto facendo le adorazioni? Questo non si può fare!”
E nell’atto stesso Si è cambiato nella persona di Gesù Cristo e mi ha detto: “Non ti meravigliare che ho preso la tua stessa immagine. Se Io soffro in te continuamente, quale meraviglia è che ho preso la tua stessa forma? E poi, non è per farti una mia stessa immagine che ti faccio soffrire?”
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di cielo – Volume 2 -13 agosto 1899)

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Non giudicare il prossimo

“Il mezzo più sicuro per essere retto col prossimo è non guardare affatto ciò che essi fanno, ché guardare, pensare e giudicare è tutto lo stesso. Poi, guardando il prossimo [l’uomo] viene a defraudare l’anima propria, quindi ne avviene che non è retto né per sé, né per il prossimo, né per Dio.”
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 30 luglio 1899)

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La fede

Mentre Lo pregavo, Gesù, tutto bontà Si è voltato al confessore e gli ha detto:
“La fede voglio che t’inondi dappertutto, come quelle barche che sono inondate dalle acque del mare; e siccome la fede sono Io stesso, essendo inondato da Me che tutto posseggo, posso e do liberamente a chi in Me confida, senza che tu ci pensi a quel che verrà ed al quando ed il come che farai, Io stesso, secondo i tuoi bisogni, Mi presterò a soccorrerti”.
Poi ha soggiunto: “Se ti eserciterai in questa fede, quasi nuotando in essa, in ricompensa ti infonderò nel cuore tre gaudi spirituali. Il primo, [è] che penetrerai le cose di Dio con chiarezza e nel fare le cose sante ti sentirai inondato da una gioia, da un gaudio tale che ti sentirai come inzuppato; e questa è l’unzione della mia Grazia.
Il secondo, è una noia delle cose terrene e sentirai nel tuo cuore una gioia delle cose celesti.
Il terzo, è un distacco totale di tutto e, dove prima sentivi inclinazione, sentirai un fastidio […]. E per questo il tuo cuore sarà inondato dalla gioia che godono le anime nude, che hanno il loro cuore tanto inondato dell’amore mio, che dalle cose che li circondano esternamente non ne ricevono nessuna impressione”.
(Gesù al confessore di Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 25 giugno 1899)

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L’unione con Gesù

“Figlia mia, unisci le tue sofferenze con le mie, le tue preghiere alle mie, così, innanzi alla Maestà di Dio sono più accettevoli e compariscono non come cose tue, ma come opere mie”.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 9 giugno 1899)

[…] Gesù facendomi vedere molte devote […] ha ripreso di nuovo a dire:
“Quello che più Mi dispiace di queste anime è l’instabilità nel fare il bene. Basta una piccola cosa, un dispiacere, anche un difetto, mentre allora è il tempo più necessario per stringersi più a Me, quelli invece, si irritano, si disturbano e tralasciano il bene incominciato. Quante volte ho preparato loro le grazie per darle e, vedendole così instabili, sono stato costretto a ritenerle!”
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 19 giugno 1899)

[…] Dopo ciò mi ha trasportato fuori di me stessa e mi son trovata sopra d’una scala altissima che sotto [di sé] metteva [in] un precipizio; e, per giunta, i gradini di detta scala erano movibili e tanto stretti che appena si poteva poggiare la punta dei piedi. Quello che più metteva terrore era il precipizio e il non poter trovare appoggio di sorta e, volendosi afferrare ai gradini, [questi] se ne venivano appresso. Nel vedere le altre persone che quasi tutte precipitavano, metteva il brivido nelle ossa! Eppure non si poteva fare a meno di non passare per quella scala; quindi mi son provata, ma non appena ho fatto due o tre gradini, vedendo il pericolo grande che correvo di cadere nell’abisso, ho incominciato a chiamare Gesù che venisse in mio aiuto. Onde, senza sapere come, ho trovato Gesù presso di me e mi ha detto:
“Figlia mia, questo che tu hai visto è la via che battono tutti gli uomini in questa terra; i gradini movibili, che neppure potevano appoggiarsi per avere un sostegno, sono gli appoggi umani, le cose terrene, che volendosi [gli uomini] appoggiare, invece di darle [loro] aiuto, le danno [loro] una spin- ta per precipitare più presto nell’inferno. Il mezzo più sicuro è il camminare quasi volando, senza poggiarsi [sul]la terra, a forza di proprie braccia, cogli occhi tutti a sé, senza guardare gli altri, e coll’averli anche tutti intenti a Me per avere aiuto e forza; così si potrà facilmente evitare il precipizio”.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 22 luglio 1899)

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Il distacco dalle cose e dagli affetti

Sono tanto a Me gradite le anime distaccate da tutto, non solo nell’affetto, ma anche in effetto, che a misura che vanno spogliandosi, così la mia luce le va investendole e divengono tale e quale come cristalli, che la luce del sole non trova impedimento a penetrarvi dentro, come lo trova nelle fabbriche e nelle altre cose materiali. Ah – disse poi – credono di spogliarsi, ma invece vengono a vestirsi non solo delle cose spirituali, ma anche corporali, perché la mia Provvidenza ha una cura tutta particolare e speciale per queste anime distaccate. La mia Provvidenza le adombra dappertutto; succede che niente hanno, ma tutto posseggono”.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 26 aprile 1899)

“…Vedi, il mio Cuore è larghissimo, ma la porta è strettissima; nessuno può riempire il vuoto di questo Cuore se non che le anime distaccate, nude e semplici, perché, come tu vedi, essendo la porta piccola, qualunque impedimento, anche minimo, cioè, un’ombra d’attacco, un’intenzione storta, un’opera senza il fine di piacermi, impedisce che entrino a deliziarsi nel mio Cuore. L’amore del prossimo molto ne va nel mio Cuore, ma deve essere tanto congiunto al mio, in modo che deve formarne uno solo, senza potersi discernere uno dall’altro; ma quell’altro amore del prossimo che non è trasformato nel mio amore, Io non lo guardo come cosa che a Me appartiene”.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 7 maggio 1899)

“Figlia mia, perciò la prima cosa che tanto raccomando [alle creature] è il distacco da tutte le cose ed anche da loro stesse! E quando l’anima si è distaccata da tutto, non ha bisogno di farsi forza per stare lontana da tutte le cose della terra, ché da se stesse le vanno intorno, ma, vedendosi non curate, anzi disprezzate, dandole un addio si licenziano per non darle più molestia”.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 23 maggio 1899)

La rassegnazione
“La rassegnazione assorbisce tutto ciò che può essere di pena e di disgustoso alla natura e lo converte in dolce; ed essendo l’Essere mio pacifico, tranquillo, in modo che qualunque cosa potrà succedere in Cielo ed in terra non può ricevere neppure il minimo alito di turbazione, quindi la rassegnazione ha la virtù d’innestare nell’anima queste stesse mie virtù. L’anima rassegnata sta sempre in riposo, non solo essa, ma fa riposare tranquillamente anche Me in lei”.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 8 agosto 1899)

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La lode e il disprezzo degli altri

Oggi ho fatto la meditazione sul danno che può venire alle anime nostre dalle lodi che ci danno le creature; mentre facevo l’applicazione a me stessa, per vedere se ci fosse in me il compiacimento delle lodi umane, Gesù si è avvicinato a me e mi ha detto:
“Quando il cuore è pieno del conoscimento di se stesso, le lodi degli uomini sono come quelle onde del mare, che s’innalzano e rumoreggiano, ma mai escono dal loro lido; così le lodi umane strepitano, rumoreggiano, s’avvicinano fino al cuore, ma trovandolo pieno e ben circondato da forti mura del conoscimento di se stesso, quindi non avendo dove prendere posto, se ne ritornano indietro, senza fare nessun danno all’anima propria. Perciò a questo devi stare attenta, che delle lodi e dei disprezzi delle creature non ne fare nessun conto”.
(Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 23 aprile 1899)

Quello che voglio da te è un operare retto e semplice; che del pro e contro delle creature non ti curare, lasciale pensare come vogliono, senza prenderti il minimo fastidio, ché il volere che tutti fossero favorevoli è un voler fuorviare dall’imitazione della mia Vita”
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 31 maggio 1899)

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Le persone moleste

Albero secco. Foto in bianco e nero

Quando io leggo il Vangelo, fra i molti miracoli di Gesù, mi fermo ammirando alla guarigione dei lunatici. Altro che lebbrosi mondati, ciechi risanati, morti risuscitati! Questo è un miracolo!!! Perché, se tutte le sventure sono sventure, questa d’esser cattivi e di torturare chi vive seco noi è la più grande sventura. È lebbra che corrode l’anima, è cecità che accieca, è sordità che rende sordi alle voci del cuore, è morte al bene, è delitto verso sé stessi e verso il prossimo, è offesa a Dio.
Colui che è cattivo è peggio di una calamità naturale, dalla quale non ci si può sottrarre perché voluta da leggi eterne, ma che appunto perché voluta da leggi eterne è molto distanziata, nelle sue crisi, nel tempo. Ci si rassegna perciò alle sventure che vengono a noi dalla natura e dal corso inesorabile degli eventi dei popoli. Forse questo dipende dal fatto che, essendo cose decretate in eterno dall’Eterno e facenti parte della nostra esistenza di viventi sul globo, sono rese sopportabili da una grazia speciale di Dio. Ho visto risorgere la vita sui paesi devastati dai terremoti, dalle eruzioni vulcaniche, ho visto sulle rovine e sulle lave sbocciare nuovamente i fiori, gli uccelli intessere il loro nido, le donne cantare ninnando una cuna, l’uomo tornare cantando dal lavoro, la speranza e l’amore risorgere come fenice dalle ceneri del disastro.
   Ma la disperazione che un essere umano porta ad altri esseri simili a lui, che per legami di sangue o d’affetto non si possono, non si vogliono ribellare, è tremenda. Frutto di un cuore preda del demone dell’egoismo, della prepotenza, dell’orgoglio, dà una amarezza che accompagna come tossico per tutta la vita. Una amarezza e una vista speciale, che ci potenzia la facoltà di vedere dietro le bugiarde quinte delle convenienze sociali. Sterilisce tutto in cuore la pena che ci viene da un essere che vive per tormentare, preda come è del proprio io malato per non dire colpevole. Sul suo percorso muoiono le speranze, crollano i sogni, si polverizzano tutti i lavori di bene. Rullo compressore dell’umanità che lo circonda, un cuore non buono stende e stritola tutto nella polvere e nel fango: intelligenza, salute, affetti, e lede persino la fede nei cuori, che vengono a dubitare di Dio stesso che non interviene a por fine a tanto male.
   Guai a scoprire, e in giovane età, la potenza della malvagità umana. L’amara disperazione che provoca in noi la conoscenza di quanto può un nostro simile di male verso i suoi simili è tale che senza un aiuto superno non lo potremmo sopportare e fatalmente saremmo portati al disgusto totale di tutto e di tutti. Fortunatamente Iddio interviene e allora l’anima, pur restando ferita, non muore. Ma muore la salute, qualche volta l’intelletto, sempre la gioia.
(Maria Valtorta – Autobiografia – Capitolo 8: Il dolore di papà)

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Descrizione di Dio

Ora, mentre mi trovo fuori di me stessa e trovandomi nell’alto dei cieli, ora, mi è parso di vedere Dio dentro d’una luce e Lui stesso pareva anche luce; ed in questa luce si trovava bellezza, fortezza, sapienza, immensità, altezza, profondità senza termini e confini; sicché pur nell’aria che respiriamo vi è Dio stesso che si respira; sicché ognuno Lo può fare come vita propria, come Lo è infatti. Sicché nessuna cosa Gli sfugge e nessuna Lo può sfuggire. Questa luce pare che sia tutta voce e senza che parla, tutta operante mentre sempre riposa; si trova dappertutto, senza niente ingombrare; e mentre si trova dappertutto tiene anche il suo centro. Oh, Dio, quanto sei incomprensibile! Ti veggo, Ti sento, sei la mia Vita, Ti restringi in me, mentre resti sempre immenso e niente perdi di Te, eppure, mi sento balbuziente e mi pare di non saperne dire nulla.
Per potermi spiegare meglio secondo il nostro umano linguaggio, dico che veggo un’ombra di Dio in tutto il creato; perché in tutto il creato, dove ha gettato l’ombra della sua bellezza, dove i suoi profumi, dove la sua luce; come nel sole, dove io veggo un’ombra speciale di Dio; lo veggo come adombrato in questo pianeta, come re di tutti gli altri pianeti. Che cosa è il sole? Non è altro che un globo di fuoco; uno è il globo, ma molti sono i raggi, di tal [modo] che noi possiamo comprendere facilmente: il globo, Iddio, dai raggi, gl’immensi attributi di Dio.
Secondo: il sole è fuoco, ma insieme è luce ed è calore; quindi la Santissima Trinità [è] adombrata nel sole: il fuoco è il Padre, la luce è il Figlio, il calore è lo Spirito Santo. Ma [come] uno è il sole e come non si può dividere il fuoco dalla luce e dal calore, così una è la potenza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che fra Loro non si possono realmente separare. E come il fuoco nello stesso istante produce la luce ed il calore, sicché non si può concepire il fuoco senza concepirsi anche la luce ed il calore, così non si può concepire il Padre prima del Figlio e dello Spirito Santo; e così, vicendevolmente hanno tutti e Tre lo stesso principio eterno.
Aggiungo che, [come] la luce del sole si spande ovunque, così Iddio, con la sua immensità dovunque penetra; però ricordiamoci che questo non è che un’ombra, perché il sole non giungerebbe dove non può penetrare con la sua luce, ma Dio penetra dovunque; è Spirito purissimo Iddio e noi Lo possiamo raffigurare nel sole che fa penetrare i suoi raggi dovunque, senza che nessuno li possa prendere fra mani. [Di] più, Dio guarda tutto, le iniquità, le nefandezze degli uomini e Lui resta sempre quello che è: puro, santo, immacolato. Ombra di Dio è il sole, che manda la sua luce sulle immondezze e resta immacolato; nel fuoco spande la sua luce e non si arde; nel mare, nei fiumi e non si affoga; dà luce a tutti, feconda tutto, dà vita a tutto col suo calore e non ammiserisce di luce, né niente perde del suo calore; e, molto più, mentre fa tanto bene a tutti, lui di nessuno fa bisogno e resta sempre quello che è: maestoso, risplendente, senza mai mutarsi. Oh, come si ravvisano bene nel sole le Qualità divine! Con la sua immensità si trova nel fuoco e non si arde, nel mare e non si affoga, sotto dei nostri passi e non [lo] si calpesta; dà a tutti e non ammiserisce e di nessuno fa bisogno; guarda tutto, anzi è tutt’occhio e non c’è cosa che non sente, è a giorno d’ogni fibra del nostro cuore, d’ogni pensiero della nostra mente. Ed essendo spirito purissimo non ha né orecchie né occhi e per qualunque successo non mai si muta. Il sole, investendo il mondo con la sua luce non si affatica; così Iddio, dando vita a tutti, aiutando e reggendo il mondo, non si affatica.
Per non godere più, l’uomo, la luce del sole ed i suoi benefici influssi, può nascondersi, può mettere ripari, ma al sole nulla gli fa, [il sole] rimane quello che è, il male cadrà tutto sopra dell’uomo. Così, il peccatore, col peccato può allontanarsi da Dio e non più godere i suoi benefici influssi, ma a Dio nulla Gli fa, il male è tutto suo.
Anche la rotondità del sole mi simboleggia l’eternità di Dio che non ha né principio né fine. La stessa luce penetrante del sole, che nessuno può restringere nel suo occhio e che, se [alcuno] volesse fissarlo nel suo pieno meriggio resterebbe abbagliato, e se il sole si volesse avvicinare all’uomo, l’uomo ne resterebbe incenerito, così del Sole Divino: nessuna mente creata può restringerlo nella sua piccola mente per comprenderlo in tutto quello che È; e se volesse sforzarsi ne resterebbe abbagliata e confusa; e se questo Sole Divino volesse sfoggiare tutto il suo amore, facendolo sentire [all’uomo] mentre è in carne mortale, l’uomo ne resterebbe incenerito. Onde, [Dio] ha gettato un’ombra di Sé e delle sue perfezioni su tutto il creato, sicché pare Lo vediamo e tocchiamo e ne restiamo toccati continuamente.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 2 – 28 febbraio 1899)

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La confessione

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A proposito dei peccati commessi e confessati…

“Non voglio che ci pensi. Quando un’anima si è umiliata convinta d’avere fatto male ed ha lavato l’anima sua nel Sacramento della Confessione, ed è pronta a morire anziché offendermi, [il continuare a pensare al male commesso] è un affronto alla mia misericordia, è un impedimento a stringerla all’amore mio, perché sempre cerca, la sua mente, d’involgersi nel fango passato; m’impedisce ancora [di] farle prendere voli
verso il Cielo, perché [sta] sempre con quelle idee racchiuse in se stessa, se cerchi di pensarvi. E poi, vedi, Io non ricordo più niente, Me ne sono perfettamente dimenticato.”
(Gesù a Luisa Piccarreta, Luisa Piccarreta – Libro di Cielo – Volume 1)7

I mali corporali

Gocce di pioggia

E come la Mamma mia non volle fare altri miracoli se non quello di dare il suo Gesù alle creature, così tu, il miracolo voluto dalla mia Volontà Divina che tu faccia è quello di dare la mia Volontà alle creature, di farla conoscere per farla regnare; con questo miracolo farai più che tutto, metterai al sicuro la salvezza, la santità, la nobiltà delle creature, e bandirai anche i mali corporali di esse, causa[ti dal] perché non regna la mia Volontà Divina.
(Gesù a Luisa Piccarreta, Libro di Cielo, Volume 22 – 1.6.1927)

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